Ben visibile tra i frutteti – che lo circondano a sud-ovest - e un fitto bosco di conifere che lo avvolge a nord-est,Castel Belasi sorge su di una collina a circa 465 m slm tra il Rio Lovernatico e il Rio Belasi, a poca distanza dall'abitato di Segonzone e a monte della frazione di Dercolo, nel cuore della bassa Val di Non sulla destra orografica del torrente Noce. Salendo dalla piana Rotaliana e superando la forra della Rocchetta, dopo essersi imbattuti nella Torre di Visione e nella fortificazione della Rocchetta (oggi quasi del tutto scomparse), era uno dei primi punti di controllo su uno dei più ricchi fondovalle della regione. La zona era sicuramente frequentata e abitata già in epoca retica, come confermato sia dagli importanti ritrovamenti effettuati nell'attuale territorio del Comune di Campodenno (tesoretto presso Dercolo, sepolture presso Dercolo, Lover), sia dalla tradizione orale.
Completamente isolato dai centri abitati, è raggiungibile sia da una strada asfaltata, che passando per Segonzone lo raggiunge da monte, sia da una strada sterrata che, attraverso il bosco e i meleti scavalca il Rio Belasi e lo raggiunge invece da valle (vedi COME RAGGIUNGERE IL CASTELLO). La posizione, che a prima vista pare poco strategica e sembra stonare con il potente apparato difensivo del castello, permette comunque di controllare visivamente parte della bassa Valle di Non e, soprattutto, la via di accesso della Rocchetta. Da ricordare per quanto riguarda la viabilità storica che proprio nei pressi della collina di Belasi doveva passare una importante via di transito, la cosiddetta "Traversara", proveniente da Sporminore e che poi continuava verso Campodenno e Cunevo. Il dosso, che ancora oggi è al centro di una ampia zona agricola, ha probabilmente rivestito già in origine il ruolo di gestione e accentramento di un vasto patrimonio fondiario: ancora nel secondo dopoguerra la proprietà di CastelBelasi comprendeva diversi ettari di pascoli, boschi e arativi. Lo stretto rapporto di dipendenza tra castello e frazioni, ancora vivo nell'ottocento inoltrato, è testimoniato da alcuni graffiti conservati su una parete dei depositi di Castel Belasi, graffiti che ricordano l'avvenuta consegna delle decime (per quanto riguarda Dercolo: "lì 18 agosto 1848 dercolo formento stari ..., segala stari ... , orgio stari ...., granada (?) stari 2" ).
La più antica citazione del castello sembra risalire al 1291 e la sua fondazione sembra strettamente legata all’affermazione del dominio tirolese in Val di Non e al conseguente debellamento dei conti di Flavon. Paiono infatti infondate le ipotesi proposte spesso nel corso del Novecento sulla scorta delle teorie dell’Ausserer, convinto sostenitore dell’appartenenza del castello ai conti di Appiano, poi da loro ceduto in feudo ad una originaria famiglia Belasi. Fu probabilmente proprio Mainardo II di Gorizia-Tirolo a decidere di fortificare il dosso (le ipotesi di un sito già in parte fortificato non sono attualmente confermate dalle evidenze archeologiche) e di porre a controllo del castello un suo fedelissimo di provenienza friulana, Ulrico di Ragogna (comune della provincia di Udine), nelle cui mani e in quelle della sua famiglia il castello rimase fino al 1368. In quell’anno, forse a risarcimento di un debito, il castello passò dal nobilis miles dominus Simon Robayner quondam domini Nicolai da Ragonia da Foro Iulii nelle mani di Konrad Khuen di Termeno (cfr. M. Turrini, Castel Belasi e i Conti Khuen, Cles 2005, p. 41), capostipite del ramo familiare dei Khuen che assunse poi il nome di Khuen-Belasi. Il castello rimase nelle mani della sua discendenza fino alla seconda metà del XX secolo.
Nel corso del Novecento, il complesso subisce un veloce degrado accelerato sia da mancata manutenzione sia da pesanti spoliazioni di arredi e dotazioni. Dopo circa 50 anni di abbandono, nel 2000 l’intero complesso viene acquistato dal Comune di Campodenno che ne avvia un impegnativo recupero. I lavori sono ancora in corso.
Tratto da: E. Possenti, G. Gentilini, W. Landi, M. Cunaccia (a cura di), APSAT 4: Castra, castelli e domus murate (p. 164 e ss.gg.), Mantova 2013 e dalla bibliografia citata nella stessa opera (p. 168)